AMARCORD
Articolo pubblicato nella rivista http://www.laster.it/ il 25/02/2010 :
L'intervista
Laster Guitar. Partiamo dall'inizio: come è cominciata la tua avventura nel mondo del vintage?
Alberto Guizzetti. Ho iniziato nel 1978, periodo in cui non era facile
avere informazioni sulle caratterisctiche delle chitarre vintage. L'unico
libro disponibile era Guitar Identification di Andrè Duchossoir,
(che tra l'altro ora è un carissimo amico con cui ho passato giorni
bellissimi presso la Fender a Corona, quando lui stava facendo ricerche per
scrivere un libro sulla Telecaster).
Il suo primo libro era un po' "la Bibbia" dei collezionisti: c'era quello e
basta. Tanto per rendere l'idea, oggi io ho più di trecento volumi sul
vintage, la maggior parte dei quali sono veramente ben fatti.
In più c'è questa grande risorsa che è internet, con la quale puoi vedere le
cose in tempo reale e, nel nostro caso, spesso anche sentirle e soprattutto
permette di scambiarsi le opinioni, confrontarsi e chiarirsi le idee
sentendo più voci e pareri.
Negli Stati Uniti ho poi avuto la fortuna di incontrare tante persone, di
avere molti maestri e di confrontarmi con loro. Abbiamo visto un sacco di
chitarre, le abbiamo aperte, visionate, osservate in ogni dettaglio: è stato
un po' come per il neolaureato, dopo la teoria appresa sui libri, si è reso
necessario il tirocinio sul campo, l'esperienza diretta.
Per esempio, per capire se un custom color è originale oppure no,
ci vuole l'esperienza, la malizia del mestiere e l'ossevazione diretta: la
fotografia su un libro o peggio sul web può essere molto ingannevole!
Un esempio: per capire se un custom color, magari spruzzato sopra un
sunburst, è stato dato all'epoca dell'uscita dalla fabbrica o in epoca
successiva, quindi non originale, anni fa mi bastavano dieci minuti.
Oggi mi ci vogliono tre giorni, e questo perché si conoscono sempre più
particolari e quindi è migliorata notevolmente anche la capacità di
falsificare le verniciature. Oggi ci sono dei "reliccatori" che ti mettono a
dura prova, quindi bisogna controbattere anche utilizzando risorse
tecnologiche. In certi casi può addirittura servire avere un amico
radiologo!
LG: Quindi il tuo ingresso nel mondo del vintage è
avvenuto per passione...
AG: Sì, ero poco più di un ragazzino, ma avevo molta passione per la
musica. All'epoca già suonavo con la band con la quale suono tutt'ora:
quest'anno (2009, ndr.) abbiamo celebrato il trentennale! Ero affascinato
dai grandi chitarristi come Page, Hendrix e tutti i guru dell'epoca. Io
guardavo cosa imbracciavano: chitarre diverse tra loro ma ugualmente
affascinanti. Questo mi ha fatto venire la voglia di mettermi a lavorare nel
campo degli strumenti.
All'inizio, non avendo grandi possibilità economiche, mi dedicai al
ripristino ed al commercio degli strumenti usati. Contemporaneamente mi
arrivavano chitarre d'annata o comunque che, una volta provate, mi piacevano
particolarmente e quindi con una parte degli introiti delle riparazioni e
del commercio dell'usato riuscivo a comprarle per la mia collezione privata.
Questi pezzi rimanevano comunque esposti in negozio e suscitavano la
curiosità dei clienti che spesso si informavano per acquistarle. Mi
chiedevano: "Ma se sono tue perché le lasci in negozio?". I motivi erano
due: uno perché passavo molto più tempo in negozio che a casa, e quindi
avevo più possibilità di suonarle e guardarle lì, e poi perché così anche i
clienti e gli amici potevano ammirarle e provarle.
Ricordo
innumerevoli discussioni sulle differenze di suoni, di particolari
costruttivi, differenze tecniche, ecc... Il commercio del vintage è
cominciato così: in seguito a questi confronti, e alle richieste di amici e
clienti, ho iniziato a tenere alcuni pezzi per me, mentre altri li mettevo
in vendita.
E poi è esploso il fenomeno vintage: chitarre e ampli dal suono storico,
oggetti ancora oggi ricercati e imitati, tanto che i modelli degli anni '50
e '60 sono ancora presi come riferimento dalle grandi case produttrici per
le reissue. La richiesta è sempre maggiore e purtroppo l'offerta è
sempre più bassa e ciò ha fatto lievitare i prezzi a livelli esorbitanti.
I pezzi ormai sono quelli: se togli gli esemplari che sono stati bruciati,
spaccati da Hendrix e Townsend, rovinati, modificati irrimediabilmente
(magari incidendo il nome della fidanzata!), quello che è rimasto è poco e
sempre più difficile da trovare. Capisco anche che sono pochi i musicisti
che possono permettersi chitarre da collezione, ma io sono tra quelli che
sono convinti che con cifre non esagerate si possano acquistare chitarre che
suonano bene, magari costruite in un epoca che non è stata toccata ancora
dalla vintage-mania più sfrenata.
Parlo quindi di Stratocaster, ad esempio, costruite alla fine dei '60 o
all'inizio dei '70, chitarre con caratteristiche costruttive (estetica e
pickup su tutti) differenti da quelle pre-CBS, ma comunque con una loro
dignità. D'altronde io ho iniziato alla fine degli anni '70, quando era
difficile considerare da collezione una chitarra del '73, cioè uno strumento
con 4-5 anni di vita. Oggi è diverso e gli anni '70 sono ormai stati
inseriti nel panorama vintage.
Addirittura c'è chi sta cercando di considerare collezionabili chitarre
degli anni '80 e '90, magari considerando come confine avvenimenti che hanno
caratterizzato la storia di un modello o di una ditta quali il cambio di
proprietà, o di dirigenza o di stabilimento.
E poi c'è una cosa che vorrei aggiungere, che magari potrebbe farmi piovere
addosso alcune critiche. Capisco che la chitarra è lo strumento che
imbracci, che è come una fidanzata, ma conta più l'amplificatore che la
chitarra.
Mi spiego: non otterrai mai un gran suono con un'ottima e bellissima
chitarra collegata a un ampli mediocre, mentre lo avrai inserendo una
chitarra di media qualità in un grande ampli. Quindi investiamo anche sugli
ampli, sugli effetti e sui cavi, un elemento spesso trascurato ma di
fondamentale importanza. Quindi ben vengano gli strumenti degli anni '60, ma
utilizziamo anche la tecnologia del 2000!
Dirò delle banalità, ma anche gli ampli devono essere a posto: condensatori,
valvole, coni. E anche la messa a terra. Dirò un'eresia per i vintagisti, ma
in un ampli anni '60 che viene usato per suonare, conviene cambiare il cavo
dell'alimentazione e metterne uno moderno con messa a terra, magari tenendo
il filo originale per motivi collezionistici. Ma è sempre meglio pensare
alla sicurezza e alla qualità del suono!
È importante avere un'idea chiara su queste caratteristiche. Bisogna farsi
la cultura del sound provando, sentendo le differenze di suono e
quali sono le caratteristiche tecniche che determinano i vari tipi di suono,
anche se capisco che è difficile avere a disposizione diversi ampli e ci
vuole anche molto tempo.
Il proprio sound è frutto dell'esperienza: la vera capacità del chitarrista
sta nell'arrivare a trovare un proprio marchio di fabbrica, magari
utilizzando strumenti "classici" come la Strato o la Les Paul. Non esiste la
chitarra o l'ampli che fa tutto, un po' come quando è uscita la PRS che si
diceva che unisse le caratteristiche di queste due chitarre. In realtà non
suona né come una Strato, né come la Les Paul, pur raggiungendo una propria
dignità.
La semplicità degli ampli degli anni '60, tre manopole, si è mantenuta nel
tempo e questo dimostra la riuscita del progetto. Agli ampli di oggi e alle
riedizioni manca la qualità dei componenti, ma il concetto rimane
intramontato rendendo i mille pulsanti e innumerevoli canali degli ampli di
oggi un aspetto più valido dal punto di vista commerciale che funzionale.
Un buon suono non significa un suono azzeccato per un determinato genere, un
buon suono è un bel suono e basta. Poi quel "buon suono" lo puoi utilizzare
in svariati e diversi generi. Stesso discorso vale per una chitarra. Una
chitarra non è buona per un certo genere. Una chirtarra, se è un gran
strumento, sarà una buona chitarra in senso assoluto. Poi sta al chitarrista
farla diventare adatta a fare il blues, o il rock, o il metal...
Chiaro che una semiacustica non sarà adatta per il metal! Poi ci sono
le eccezioni che confermano la regola, come sempre. Sta di fatto che è ormai
assodato e testimoniato da tutti i grandi nomi del panorama chitarristico
mondiale che, per la costruzione di un buon sound, il punto fermo è
l'utilizzo di ampli dalla circuitazione basata sui classici (Fender,
Marshall, ecc) e sulle loro evoluzioni e naturalmente solo circuitazioni
analogiche.
Il digitale ha i suoi meriti, permette a tutti di avere ampli versatili a
basso costo, ti consente di emulare ampli classici e di sbizzarirti a
giocare in casa, ma la distanza con il sound di un ampli a valvole vintage è
abissale. È proprio il nostro orecchio che continua a preferire il suono di
questi ultimi. Pensa che siamo nel 2010 e stiamo ancora qui a parlare del
suono che esce da un pezzo di cartone che vibra!
Negli anni '80 ci hanno provato a farci credere che il suono migliore
potesse uscire da piani e piani di rack, chitarre midi e circuitazioni
ipertecnologiche: li ho provati anch'io, un po' per lavoro e un po' per
curiosità. Alla fine si perdeva il suono originale della chitarra e tutti i
chitarristi avevano lo stesso suono. Per fortuna ci si è presto resi conto
che bastava una chitarra costruita con essenze corrette e legni ben
stagionati, un buon pickup e gli ampli di cui sopra!
LG: Conta di più il legno o il pickup?
AG: Il pickup è un trasduttore, un "traduttore" di quello che c'è già: se
c'è qualcosa da amplificare lo amplifica. Chiaro che diversi tipi di pickup
possono evidenziare o accentuare caratteristiche diverse, o enfatizzare
alcune frequenze. Ma si ferma lì. Altrimenti basterebbe mettere il miglior
pickup del mondo su un pezzo di compensato e avremmo il suono. E invece no,
e anni di esperienza in questo campo ormai me ne hanno dato la certezza
assoluta.
Se tu prendi una Strato anni '50 e una anni '60 e ci monti gli stessi
pickup, suoneranno in maniera diversa. Per quanto riguarda le Strato, non ce
n'è una che suoni uguale all'altra, anche le più simili, hanno qualche
piccola sfumatura che le rende un po' differenti.
LG: Ti è mai capitato che qualcuno cercasse di
rifilarti uno strumento contraffatto?
AG: Per gioco o per mettermi alla prova, qualche volta è successo. Poi
altre volte è capitato che qualcuno lo facesse, ma in buona fede. Strumenti
il cui proprietario era convinto dell'assoluta originalità, magari perché
conscio del fatto di averlo sempre avuto in mano dai tempi del primo
acquisto, ma che una volta aperti presentavano alcune incongruenze.
Poi allora il proprietario ricordava o di averla portata a fare una
riparazione, oppure di averla prestata a un amico: tutte occasioni in cui
poteva essere fatta una sostituzione o contraffazione.
LG: Gli effetti della crisi si ripercuotono anche sul
mercato del vintage?
AG: Non più di tanto. Questo perché chi investe in uno strumento vintage
sa di avere, oltre a un buon suono, anche un oggetto di valore, e quindi un
piccolo investimento. Un po' come il mattone!
Poi c'è da dire che in questo momento c'è anche il vantaggio di un cambio
euro/dollaro molto favorevole. Il mercato del vintage è un po' come quello
azionario: ci sono alti e bassi, ora siamo in un periodo di forte
svalutazione e crisi, ma prima o poi la tendenza si invertirà e queste
custodie che oggi sono chiuse torneranno ad aprirsi per mostrare il loro
contenuto a probabili acquirenti. Il vintage non ha mai tradito!
E poi, aldilà del fine commerciale, del business, il solo fatto di possedere
una bella chitarra e di poterla suonare è già una grossa soddisfazione.
Certamente ci sono delle operazioni di business (speculazioni, ndr.) che
vengono fatte soprattutto in USA, per mezzo delle quali si fa in modo che
alcuni oggetti, tipo le Strato anni '50 tempo fa, spariscano dal mercato per
lunghi periodi, salvo poi ricomparire a prezzi molto più elevati.
Queste operazioni vengono spesso fatte per livellare i prezzi degli
strumenti dello stesso periodo. Poi c'è da aggiungere che, nonostante la
crisi, e crisi permettendo, questo è un momento buono per acquistare proprio
grazie al cambio favorevole. Io conosco un sacco di gente che si è pentita
di aver venduto un pezzo vintage, ma nessuno si è mai pentito di averlo
comprato!
LG: Qual è il pezzo più prezioso che ti è capitato
per le mani?
AG: Sicuramente delle Strato degli anni '54 - '55, ma, per scelta, mai
niente di particolarmente ricercato come gli strumenti di personaggi famosi
(tipo le chitarre di Clapton), pezzi che raggiungono degli overpricing
irraggiungibili! L'unica eccezione è una Selmer degli anni '30 appartenuta a
Django Reinhart. Ci sono solamente tre chitarre documentate appartenute a
lui: una è rimasta alla sua famiglia, una è esposta in un museo a Parigi e
una ce l'ho io.
LG: Capita ancora in Italia di trovare il classico
vecchietto con la chitarra vintage sotto il letto?
AG: Non lo so, penso sia raro. però mi ricordo di una simpatica truffa di
alcuni anni fa messa in atto dall'abitante di un vecchio cascinale che
vendeva chitarre pseudo vintage attraverso inserzioni sui giornali,
scrivendo - vendo "stratocuster" rossa anni '60-. Invece erano realizzate
appositamente da un artigiano che poi le dava al vecchietto per venderle.
Aneddoti a parte, credo che possa succedere ancora di trovare chitarre
imboscate, ma ormai è difficilissimo che chi le possiede, anche se non
esperto di vintage, possa farsi fregare e venderle sottocosto. E questo
proprio per il fatto che ormai i mezzi di informazione, a partire dal web,
sono talmente tanti che chiunque, prima di vendere, ormai riesce a farsi
un'idea dell'effettivo valore di uno strumento.
LG: Ti è capitato di trovare chitarre vintage che
suonassero male, con un cattivo sound?
AG: Bisogna premettere che l'orecchio e la sensibilità ai suoni sono cose
molto soggettive, e che magari quello che per te suona bene per me invece è
mediocre o viceversa. Ma aldilà di questo, ci sono sempre dei parametri
oggettivi che permettono di giudicare una chitarra. Certo che spesso le
chitarre vanno svegliate dal letargo: può succedere che una Strato che
magari è stata per anni dentro la custodia abbia bisogno di un po' di
rodaggio per permettere ai legni di tornare a vibrare.
Un po' come il "Cannone", il violino di Paganini, per il quale esiste una
persona stipendiata dal Comune di Genova solo per suonare a cadenza fissa lo
strumento e mantenerlo così vivo. Per lo stesso motivo l'esperienza mi ha
portato a credere che una chitarra vintage vissuta, magari anche un po'
rovinata, suoni meglio di una sua coetanea esteticamente perfetta. proprio
per il fatto che la prima è stata suonata molto.
Tuttavia anche la seconda, dopo un po' di rodaggio, sono convinto che possa
tornare a cantare perfettamente. Quindi il mio parere è che ci possono
essere chitarre differenti tra loro, che suonano più o meno bene, ma
sicuramente non delle ciofeche!
Poi ci sono dei fattori che possono trarre in inganno, come la questione del
volume. Molti sono convinti che in una chitarra, maggior volume corrisponda
a miglior suono: la qualità della timbrica non viaggia necessariamente in
simbiosi con la quantità di volume.
Questo modo di ingannare l'orecchio umano lo hanno capito bene anche i
costruttri di chitarre, soprattutto per quanto riguarda i target indirizzati
ai più giovani. Per fare un esempio, la Gibson ha creato i 480 e 490, pickup
con molto volume e con frequenze medie enfatizzate. Quando un ragazzo prova
una chitarra con questi magneti, è poratato ad esclamare: "questa sì che
suona bene!". In realtà non è così!
Diversa la situazione con le chitarre di nuova produzione. Innanzitutto i
legni sono poco stagionati, e lo sono artificialmente nei forni. Quindi la
chitarra avrà bisogno di tempo per maturare, per arrivare a un suono
"formato". Chiaro che con questi metodi moderni col tempo può anche
succedere che il suono muti in peggio. La soluzione sta nel provare più
chitarre possibili, fare confronti, crearsi una cultura dei suoni, cioè
esperienza.
Alla fine rimarrà sempre una componente soggettiva, ma marginale, mentre si
imparerà a capire abbastanza oggettivamente se una chitarra è valida oppure
no.
LG: Le chitarre dei Custom shop si avvicinano
alle omologhe vintage?
AG: Anni fa, quando era appena nato (1987, ndr.), ho passato parecchi
giorni nel Custom Shop della Fender. Era l'epoca in cui c'era ancora John
Page. Allora sì che gli strumenti venivano fatti a mano e seguiti da un
unico liutaio (master builder) dall'inizio alla fine. Allora poteva capitare
che uscissero strumenti paragonabili alle Fender degli anni '50 e '60.
Oggi la quantità di prodotti messi sul mercato dal Custom Shop è talmente
elevata che è inimmaginabile una lavorazione completamente artigianale della
chitarra. Per poter sostenere il businness, e la richiesta del mercato,
hanno dovuto scegliere altri metodi di lavorazione e sacrificare qualcosa a
scapito della qualità. Ovvio che il Custom Shop rimane il fiore
all'occhiello della produzione Fender, ma con standard diversi da quelli di
una volta.
Naturalmente nella quantità ci saranno delle ottime chitarre e della
chitarre scarse, vale la pena provarne alcune e poi prendere quella che
suona meglio, confidando, come dicevo prima, anche in una maturazione dovuta
al tempo.
LG: Proprio parlando di Fender, abbiamo notato che
solo i modelli Reissue Custom Shop sono fedeli alle originali vintage anche
dal punto di vista estetico. Ad esempio, l'interasse tra i fori delle
meccaniche della paletta sulle American Vintage reissue è leggermente più
ampio rispetto alle originali e alle Custom Shop. Come mai?
AG: Beh, questa cosa è voluta. Ci sono queste differenze per spingere
l'acquirente a comprare il modello sempre più vicino possiile all'originale
e quindi sempre più costoso. Ogni cosa più giusta è più cara. Parti dai 600
euro della Classic '60 messicana, che ha solo l'aspetto simile alle vintage,
poi passi alle American Vintage reissue che hanno anche la vernice nitro per
arrivare alle Custom Shop che sono "esatte" nei minimi particolari.
D'altronde la Fender offre di tutto: dai 100 euro di una Squier ai 3000 e
passa della Custom Shop, per tutti i gusti e tutte le tasche. Una volta
eravamo noi che customizzavamo, cambiavamo pickup, ponte, tasti, ecc... Ora
è la Fender che offre praticamente tutte le combinazioni possibili
immaginabili.
LG: Abbiamo nominato la nitro. La tipologia di
vernice influisce sul suono?
AG: Io faccio fatica a individuare quali potrebbero essere le proporzioni
di influenza sul suono, sicuramente una nitro sottile rispetto a un "poliesterone"
mi dà una sensazione migliore. Mi sono capitate delle Gibson, anni 2000,
parlo di roba tipo L5 o Wes Montgomery, ricoperte da uno strato di vernice
plasticosa, ed erano una cosa poco entusiasmante.
Ho dovuto fare una riparazione su di una che aveva un pezzo di vernice che
era saltato via, e il pezzo staccato era proprio come la plastica. Tra
l'altro ciò ti mette anche in difficoltà per quanto riguarda la riparazione.
Quindi fior di strumenti che dovrebbero essere il top della produzione,
proprio a causa della scarsa qualità della vernice, non hanno le
caratteristiche che dovrebbero avere.
E questo non solo dal punto di vista estetico, ma anche da quello delle
sensazioni che si hanno quando le si suona. Tra l'altro non sono solo io a
dirlo, ma anche fior di musicisti che le hanno provate! È anche una
questione di autorevolezza dello strumento, della casa produttrice. Una
chitarra che costa migliaia di euro deve obbedire a certi crismi e avere
certe specifiche tcnico-costruttive, altrimenti si passa a marche minori che
lavorano degnamente e offrono strumenti a prezzi molto più concorrenziali.
LG: Per concludere, cosa ti sentiresti di
consigliare a chi cerca la sua chitarra, magari orientandosi verso il
vintage?
AG: Prendiamo le chitarre e suoniamole, perché alla fine di tante
disquisizioni, il succo del della discussione è questo. Ci sono chitarristi
che riescono a tirare fuori il loro suono, spesso un gran suono, anche con
amplificatorini da 200 euro. Uno di questi, che conosciamo bene entrambi (e
anche qualcun altro qui su Laster, ndr.), è Renato Scognamiglio.
Chiaro che quando suona col suo Super Reverb Blackface esce un suono
meraviglioso, ma anche con ampli meno blasonati la sua botta riesce a uscire
dal mix della band. A fare il suono sono le sue mani, la sua mente, la sua
sapienza. E come lui ce ne sono tanti altri! Lo dico anche rischiando di
andare contro il mio interesse personale.
Bene. Grazie ad Alberto per aver condiviso un po' della sua esperienza e
della sua passione coi lettori di Laster. Per chi volesse vedere una
carrellata dei suoi pezzi da collezione e in vendita, riporto il link al suo
sito web.
www.hendrixguitars.com
Davide
Con Alberto Guizzetti www.hendixguitars.com Articolo pubblicato nella rivista GUITAR CLUB nel 90s'
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Julian Lennon at Hendrix Vintage
Da sinistra: Cristina - Albert Lee - Alberto Guizzetti - 1995 Luigi Schiavone e Oriana 90's
Bryan Setzer - Alberto - 1990 http://www.briansetzer.com/
Da sinistra: James Burton - Raimondo - Alberto - 1999 Insieme agli "amici del Vintage" a Soave 90's
Con i New Trolls allo Scacco Matto Studio di Lavagna 1986 Pesaro 87' - Alberto - Noemi - Jacques Mazzoleni
SIM di Milano fine 80's 90' Ostigoni Bar Lavagna Massimo Alberto Guizzetti Joel Alberto Parodi
Un amico caro ..Bruno Lauzi.. insieme in un programma televisivo nel 1992..la lavagnetta di casa con il suo messaggio per me e Cristina
Il 3° negozio.. a Lavagna 1986-1997 Alex Britti nella Show Room HendrixVintage Luglio 2008
Ospiti insieme a Jacques nella sede del multi collezionista Tsumura a Los Angeles 1991(qui sotto)
Ingresso... Alberto Guizzetti tra le Gibson J200
Jacques Mazzoleni mostra il nuovo libro di A.Duchossoir "The Telecaster"con all'interno le foto delle chitarre fatte dalla moglie, fotografa professionista, Debora Mazzoleni. A destra: Jacques dvanti ad un'altra parete di Gibson J200 Fender e Gretsch acustiche.
La chitarra di Roy Buchanan
Fabio Treves racconta di lui: http://www.musicshine.com/roy_buchanan.asp
Vintage Guitar Artist Page:Roy Buchanan
Alberto Guizzetti in camera allo Sheraton Hotel di Harlington (Dallas) con la Telecaster di Roy Buchanan
Harlington (Dallas) Jacques Mazzoleni and Andre R. Duchossoir in the center
From the visiting Fender Custom Shop J.Page era..all peopleat work!
ON THE SHOW ROOM:
Muddy Waters Alberto Guizzetti & Bob Brozman David Justin Hayward ( The Moody Blues ) & Alberto Guizzetti (Settembre 2009)
Tolo Marton & Band & Guizzetti Alberto to Hendrix Vintage Febbraio 2010 http://www.myspace.com/tolomarton http://www.tolomarton.com/indice.php
Romano Tollini, Ian Paice (Deep Purple), Alberto Guizzetti 9 aprile 2010 Alberto Radius (Formula 3) http://www.formulatre.com/ Aprile 2010
Gianluca Grignani & Alberto Guizzetti 23 Gennaio 2011 2011 Elizabeth Pellegrini http://it.myspace.com/bethpellegrini
Claudio Brasini "Baustelle" Maggio 2013 Evgeny Popov and Mayya Popova from Novosibirsk (Russia) Ottobre 2015
Gae Manfredini e Mauro Pellegrini Aprile 2016 http://www.gaemanfredini.it/ Renato Scognamiglio, alias Guitar Ray & Gab D Estate 2016 http://www.rayscona.com/
Accordi Disaccordi with the original Django Reinhardt Guitar # 704 Agost 2017 Miky Martina Settembre 2017 https://www.facebook.com/groups/330335206332/
Umberto Napolitano Agosto 2017 http://www.storiaradiotv.it/UMBERTO%20NAPOLITANO%201.htm
E' un po' surreale. Ti trovi dinanzi a talmente tanta importanza e bellezza che si stenta a crederci.
Alcune conisderazioni:
mi sono accorto quanto sia difficile fare delle valutazioni obbiettive. Sinceramente vorrei comprare una chitarra(una les paul) che suoni bene e basta. Non ho la necessità di blasoni età e quant altro solo che suoni bene , benissimo.
Ecco , il Maestro Alberto Guizzetti ieri mi ha dato la possibilità di far vibrare fra le più ricercate e pregevoli chitarre ed io difficilmente ho saputo cogliere tutte quelle sfumature che molti riportano. Sento le varie differenze. Posso dare le mie valutazioni ,ma queste sono assai influenzate da un sacco di fattori. Primo fra tutti l aspetto , secondariamente il set up ( meglio ancora l action e corde).
A me dispiace tanto ,tantissimo , ma ho la consapevolezza che non riuscirò mai ad essere un così detto buon intenditore di chitarre. Alberto , alle mie perplessità , ha risposto appunto di andare a ricercare il suono indipendentemente dall action o dal set up.Ecco credo che sia cosa per me impossibile. Quante chitarre ho la possibilità di avere fra le mani ? Quante degne di nota?
Consolazione: forse facendo venir meno l animo del commerciante , che a quanto visto soccombe sempre di fronte a quello dell innamorato , la sua considerazione è stata questa : " Lo strumento che scegli deve trasmetterti qualcosa , le giuste sensazioni , e non altro." Credo sia tutto. Non bisogna andare oltre.
Per la cronaca ho provato tutte le chitarre su un vecchio Twin. Ho messo le mani su una vecchia les pual standard tobacco, su una forse ancor più vecchia custom del '70 , due gold dell 82 una dell 30 anniversario un altra sempre del solito anno però col manico in acero sempre gold. Quella per cui sono veramente strippato tralasciando la forma è una vecchia explorer in mogano lasciata natural....leggerissima, bellissima.
I vecchi twin sono grandi , hanno il difetto dei 100 w piu la difficoltà che si percepisce nel suonarci a chi come me è abituato ad ampli si a valvole ma con meno dinamica.